Non sempre mangiamo per soddisfare la nostra fame. Molti di noi utilizzano il cibo per alleviare stress, ansia, tristezza, solitudine o noia, cedendo a quella che viene definita “fame nervosa o emotiva”. La chiamano “emotional eating”, quella sensazione di appetito travolgente che non dipende da un bisogno fisiologico o dal semplice atto del nutrirsi ma è un “fenomeno” che si scatena quando subentra un disagio, si sente l’esigenza di colmare un vuoto, e gestire emozioni spiacevoli che in quel momento fanno stare male. Non sempre, però, si è consapevoli della natura della propria fame e ci si trova poi a doverne pagare “il prezzo”: non solo un banale aumento di peso ma la spiacevole sensazione di essersi abbuffati senza davvero provarne piacere. Senza contare che la fame nervosa innesca delle emozioni secondarie come senso di colpa, vergogna e ridotta autostima per essere sprofondati nel cibo in maniera compulsiva e irrazionale.
«La fame nervosa non è una patologia, e non rappresenta la nostra identità. Si tratta di un comportamento e, come tale si può cambiare. Ѐ molto diffuso in tutto il mondo soprattutto per quanto riguarda le donne, e numerose ricerche segnalano che oltre il 70% dei problemi di peso sono legati proprio a questa cattiva abitudine. Seppur non si tratta di una condizione che desta eccessiva preoccupazione in quanto si possono riconoscere i segnali e correre ai ripari, non bisogna comunque ignorare quando il cibo inizia a diventare la principale valvola di sfogo in quanto si tende ad ingrassare e peggiorare il proprio stato di salute sia fisico che mentale »
È indispensabile imparare ad allenare le proprie competenze emotive e fornire gli strumenti necessari per comprendere più a fondo in che modo le nostre emozioni influenzano le azioni che compiamo e le decisioni che prendiamo. Come quando, appunto, il nostro cervello, nel tentativo di alleviare un disagio o un’emozione in particolare, ci spinge verso il cibo.
«La fame nervosa ha caratteristica che è urgente, insistente, improvvisa e specifica proprio perché è una reazione a un qualcosa che sentiamo in quel momento e che vogliamo in qualche modo alleviare. Questa fame parte dalla testa: si mangia perché si è stressati, frustrati, ansiosi o vittime di giornate lunghe e difficili. Non a caso si opta per cibi “comfort”, quelli che rilasciano dopamine ed enorfine, i cosidetti ormoni del benessere e che sono in grado di “regolare” temporaneamente le emozioni negative».
Il cibo è un sollievo temporaneo ma non risolve i problemi che stanno sotto al disagio. Se mangiamo per gratificazione c’è qualcosa nella nostra vita fuori equilibrio. La prima cosa da fare è rallentare e capire, ogni volta che ci approcciamo al cibo, i segnali che ci manda il nostro corpo e risalire alla vera causa per trasformare così il comportamento automatico e compulsivo in un comportamento consapevole:
Dott.ssa Costanza Fontani, coach emotivo-comportamentale.